Esiste una mentalità per trionfare alla finale nazionale di Zurigo?

In attesa che le classifiche decretino i vincitori delle differenti categorie dell’UBS Kids Cup, ci siamo rivolti a tre atleti ticinesi che sono saliti sul gradino del podio più alto durante la finale svizzera a Zurigo. Eleonora De Putti, Gian Vetterli e Emma Piffaretti nel corso di un’intervista ci hanno parlato dello spirito con il quale hanno affrontato una tra le finali nazionali più appassionanti in campo giovanile. Eravamo nel 2015, quando Gian Vetterli si è ritrovato sul podio con la medaglia d’oro al collo, durante la sua ultima partecipazione alla manifestazione. “L’anno prima mi ero piazzato al secondo posto e, gli anni precedenti, un paio di volte 4°” ricorda l’atleta dell’US Ascona spiegandoci in che stato si presentò allo stadio zurighese. “Ero sereno, tranquillo, fiducioso,… anche in super forma e quello aiuta. Però in generale ad una finale svizzera si è sempre un po’ nervosi”, ammette Gian che le volte in cui ha sfiorato il podio è stato il nervosismo a tradirlo “in particolare la pallina, il mio punto debole”. “La mia prima UBS Kids Cup – per di più vittoriosa, ndr – si è svolta nel 2011 nel bellissimo e grandissimo stadio Letzigrund di Zurigo a soli due giorni dopo il Weltklasse.” Racconta Eleonora che prima partecipava alla Erdgas Athletic Cup. Dai principi molto simili all’attuale Kids Cup, quella gara permetteva ai vincitori cantonali di girare la Svizzera perché la finale nazionale veniva organizzata a turno da un cantone diverso. Nel 2012, Eleonora si guadagnò la medaglia d’argento con le medesime modalità. “La maniera di impostare la mia gara non è mai cambiata. Ho sempre tenuto gli stessi approcci mentali e di concentrazione, ma soprattutto di movimento (esecuzione e tipologia degli esercizi) durante il riscaldamento e gara. Sapevo esattamente i miei punti deboli e cercavo in qualche modo di restare concentrata e di dare il meglio di me stessa. Molta sicurezza e forza di non abbattermi al primo ostacolo, l’ho avuta grazie alla mia mamma Cosetta (ex-atleta e mia allenatrice) che mi ha sempre sostenuta e incoraggiata a qualsiasi gara che facevo”, analizza con lucidità la massagnese e continua. “Partecipare a tutte le manifestazioni UBS Kids Cup ha significato per me essere la migliore del Cantone e fra le migliori in Svizzera (…) Devo ammettere che l’agitazione e un po’ di nervosismo li sentivo anche perché, partecipando sempre alle finali svizzere sentivo la pressione o il peso di dover riconfermare. Per un giovane atleta poter accedere alle finali svizzere (UBS Kids Cup e Swiss Sprint) è un grande traguardo e onore, e ancor maggiore è la soddisfazione quando si arriva sul gradino più alto!” conclude Eleonora. Per Emma Piffaretti, la storia con l’UBS Kids Cup è cominciata con una medaglia di cioccolato: “Sono stata sul podio due volte (2015 e 2017) e in entrambe le occasioni ho vinto la gara. In altre edizioni (2013 e 2014) ho ricevuto il diploma che danno ai primi otto classificati. Sia nel 2015 che nel 2017 ero focalizzata sulla gara ed ero riuscita a rimanere… diciamo nella mia sfera. La sera mi ero riposata bene, avevo anche seguito il consiglio di mia madre ovvero di terminare tutto il riscaldamento prima della “callroom” e poi fare qualche allungo all’interno dello stadio, cosa che gli altri anni non avevo fatto. Chiaramente quella gara mi metteva sempre dello stress iniziale… spesso pensavo al piazzamento e quindi mi mettevo dell’ansia inutile perché quella era un’incognita su cui non potevo veramente avere il controllo.” Generalmente, uno dei maggiori ostacoli per i ticinesi è la collisione tra il calendario delle ferie a Sud delle Alpi e la data della finale di Zurigo. “Ciò significa che per parteciparvi in modo dignitoso ho dovuto sempre allenarmi anche nel periodo di vacanze scolastiche estive.” Evidenzia Eleonora. “Sono ambiziosa e quindi sentivo l’obbligo di dovermi preparare. Andavo in vacanza con la famiglia e mi godevo le mie meritate vacanze, ma sempre in valigia c’era la tenuta sportiva per svolgere gli allenamenti sotto l’osservazione e con il piano della mia allenatrice (mamma). Questo, tuttavia, non è stato affatto un peso per me, anzi una motivazione in più per potermi distaccare da tutto e concentrandomi su ciò che volevo.” Precisa Eleonora. Per la sua prima vittoria Emma ha adottato una strategia che ha poi ripetuto negli anni. “Nel 2015 ho fatto un allenamento specifico tre settimane prima. Mi ero concentrata sul lungo e la corsa andando 2-3 volte ad allenamento visto che eravamo in vacanza. Le partenze è stato bello prepararle con mio fratello Rémy che è un razzo ad uscire dai blocchi, poi ho fatto molti esercizi di scuola di corsa e di salto. La pallina era il mio punto debole e siccome non riuscivo a memorizzare le fasi, l’allenavo con costanza per ricordarmi il gesto che si avvicinasse a quello corretto.” Per Gian, i mesi di vacanza non hanno mai costituito un problema. “In estate riuscivo ad allenarmi grazie al fatto che avevo dei genitori allenatori quindi riuscivamo sempre a trovare un momento nella giornata per inserire anche l’allenamento… avevamo una grande flessibilità. Poi c’erano i campi d’allenamento, le gare giovanili come il 1000 Gruyères a cui ho partecipato per diverse edizioni… tutte queste competizioni mi aiutavano a prepararmi.” Chiusa la parentesi della preparazione individuale, assieme a Gian Vetterli apriamo ora un capitolo più ambivalente. Un vecchio detto dice: “se vuoi sempre vincere, corri da solo…” Cosa dire allora degli avversari? “Ho sempre avuto un bel rapporto con loro e il fatto di saper parlare lo svizzero tedesco è stato certamente un aiuto per integrarmi. Io mi son sempre concentrato su di me ed è il consiglio che posso dare anche ai giovani, essere contenti per i propri “PB”, il vincitore non è solo quello che vince! Un 4° posto in cui hai fatto una bella gara e hai migliorato i tuoi record ti dà anche soddisfazione. Gli amici che ho conosciuto nell’atletica, alle gare ci sono ancora oggi. Con loro faccio delle attività in comune oltre a condividere l’interesse per l’atletica leggera. È un po’ quello che capita nel decathlon, l’esperienza di aver gareggiato assieme ti unisce e tutti diventano amici di tutti.” Emma che da questa primavera veste i colori di Ascona, si è a volte servita delle avversarie quale specchio. “Per calmarmi e forse anche tranquillizzarmi guardavo le facce delle avversarie per capire se anche loro erano nel mio stato. Cercavo anche di frenare quei pensieri giusti che avevo, ma che non erano d’aiuto in quel momento e mi focalizzavo sulle parti del corpo che mi davano sicurezza. Durante le gare non stringo amicizie perché sono concentrata, però grazie ai campi d’allenamento dell’UBS Kids Cup mi sono fatta moltissimi amici e amiche provenienti da tutta la Svizzera! Essendomi sempre classificata tra le prime otto, fino al 2015 non era mai stato un problema pensare a chi veniva dopo di me. Però nel 2016 ho sperimentato cosa volesse dire essere in fondo alla classifica: ti chiamano a raccolta per comunicarti i risultati e poi dopo aver letto i nomi di quelle che partecipano alla premiazione, ti mandano via e allora capisci che gli applausi erano solo per le prime otto. Questo mi ha fatto riflettere e così quando ho vinto nel 2017, ho sentito molta solidarietà per tutte le altre che avevano reso la gara un’avventura in compagnia.” Ed Eleonora delle ragazze alle sue spalle cosa pensava? “Sinceramente di coloro che si piazzavano dietro di me nulla. Erano avversarie da battere e basta. Se riuscivo a essere meglio di loro bene se no brave loro che mi avevano battuta. Ad ogni finale svizzera mi trovavo a competere sempre con le stesse ragazze e ormai ognuna sapeva già i punti deboli e i punti forti delle avversarie. Ogni gara a cui partecipavo e partecipo la vivo da combattente, il mio pensiero era ed è quello di difendere il titolo dell’anno precedente. É sempre stato un grande onore poter riconfermare il successo dell’anno precedente e per me un grande soddisfazione e scuola di vita. Dimostravo a me stessa che nulla si ottiene se non facendo sacrifici. Competere sempre con le stesse avversarie a lungo andare è diventato anche piacevole e divertente perché ci si scambiava alcune parole, ci si confortava ecc. Con alcune ancora oggi ci si scrive.”. Tre giovani atleti, tre modalità e tre approcci distinti che mi auguro possano ispirarvi o motivarvi a ricercare quello che meglio si addice alla vostra personalità ricordandovi che come ha detto il Barone Pierre De Coubertin (il papà dei Giochi Olimpici moderni): “l’importante non è vincere ma partecipare!”.