Trentacinque titoli nazionali, oltre cinquantacinque medaglie a campionati nazionali, due record svizzeri assoluti, ventisei partecipazioni a manifestazioni internazionali con la nazionale svizzera: numeri da capogiro per l’atleta cresciuta nella VIGOR di Ligornetto e di certo la più rappresentativa di tutti i tempi in Ticino che dopo ventisei anni di carriera ha deciso di compiere un ultimo balzo, quello che l’ha proiettata in una nuova realtà, priva di allenamenti regolari, ma ricca di impegni lavorativi e familiari. Sono passati ormai quasi due mesi dai Campionati Svizzeri assoluti di Basilea, palcoscenico delle gare che hanno sancito definitivamente la fine della carriera di un’atleta stellare, ma le emozioni di Irene e del suo storico allenatore sono ancora vive.
Irene, com’è stato affrontare la tua ultima due-giorni di gare in occasione dei Campionati svizzeri a Basilea?
“Come mi aspettavo, non è stato semplice. Avrei gareggiato il venerdì nel concorso del salto triplo e il sabato nel salto in lungo, e già nella mattinata di venerdì ho cominciato a piangere e questo è continuato praticamente per tutto il weekend. Sono riuscita a salire sul podio in entrambe le discipline chiudendo la mia ultima stagione con un oro e il titolo nazionale indoor a febbraio, l’argento nel salto triplo e il bronzo nel salto in lungo outdoor a Basilea. Queste lacrime testimoniano la fine di un percorso vissuto con infinita passione, ma che non sanciscono un vero finale, perché penso che essere atleti sia un vero e proprio stile di vita che mi accompagnerà per sempre.”
Tra gli spalti di quel sabato settembrino erano presenti anche gli allenatori di Irene, Andrea Salvadè, da sempre al suo fianco e Giuseppe Balsamo, a supporto negli ultimi due anni.
Andrea Salvadè: “Fin dai primi passi insieme e dai primi test funzionali che ho eseguito quando Irene era ancora una ragazzina ho intravisto in lei un enorme potenziale e delle qualità straordinarie, soprattutto in termini di capacità contrattili neuromuscolari, molto legate ai parametri di forza esplosiva ed esplosivo elastica. Negli anni abbiamo definito una linea chiara e un progetto pluriennale da portare avanti nel tempo, in un rapporto di reciproco rispetto e basato su un’inestimabile fiducia reciproca che non è mai venuto a mancare. Siamo sempre stati in massima simbiosi, nel bello e nel brutto. Lo sviluppo delle competenze tecnico scientifiche di un allenatore è molto legato alle qualità degli atleti che si allenano; la ferrea volontà di allenare una sportiva con il potenziale di Irene è stata per me la scintilla che mi ha permesso di accrescere moltissimo le mie conoscenze studiando approfonditamente la letteratura internazionale ma soprattutto per tutto quanto fatto e sperimentato sul campo. Mi sono confrontato e ho potuto contare su tecnici di grande esperienza internazionale spaziando dall’Italia alla Germania approfondendo e focalizzando per Irene quanto più possibile i migliori processi per lo sviluppo della forza, l’analisi del movimento mediante le più moderne conoscenze di biomeccanica, il settore della bioenergetica specifica e, parallelamente, l’applicazione delle neuroscienze allo sport di alta qualificazione, nuova frontiera quest’ultima per il raggiungimento dell’alta qualificazione. Questo approccio è stato molto apprezzato da Irene: sapere costantemente che determinati parametri oggettivi misurati in allenamento – base per raggiungere grandi prestazioni poi sempre realizzate – l’ha messa in condizione di lavorare in grande tranquillità sopportando carichi d’allenamento enormi, che hanno raggiunto fino a 12 allenamenti settimanili. Professionalmente, essendo ingegnere, sono abituato a lavorare in modo analitico ed è quindi stato sempre per me essenziale procedere nell’allenamento valutando il rapporto causa-effetto in quello che si è fatto, ossia verificando costantemente mediante processi scientifici la risposta data da Irene ai diversificati stimoli allenanti facenti parte del suo allenamento. Anche quando qualcosa non ha funzionato in gara, mediante i parametri raccolti abbiamo sempre potuto capire la fonte del problema e immediatamente apportare i necessari correttivi. Negli anni mi sono servito dell’uso di registrazioni video 2D e 3D e di una miriade di supporti tecnologici elettronico-informatici da me sviluppati specificatamente per Irene che mi permettessero di monitorare al meglio tutti i parametri che concorrono al raggiungimento della grande prestazione, fra i quali l’estrinsecazione della forza, della velocità, della potenza di picco allo stacco. A Ligornetto abbiamo costruito un vero laboratorio di controllo sistematico dell’atleta. Preso dalla necessità di disporre di dati da analizzare, non ho mai guardato dal vivo un salto di Irene, ma sempre attraverso l’obiettivo della videocamera. Solo nella sua ultima competizione a Basilea ho rinunciato alla ripresa video e ho apprezzato l’ultimo stupendo salto – tecnicamente perfetto, da manuale – di una carriera eccezionale della mia cavalletta, che ci ha portati da Ligornetto fino ai Giochi olimpici di Londra nel 2012 e a una miriade di competizioni internazionali. Il lungo percorso con Irene è stato per me un grande progetto non solo di scienza applicata all’allenamento, ma soprattutto costellato di una infinità di emozioni provate che in nessun’altra situazione sarei riuscito a vivere. Esso attesta come anche in Ticino – con l’impegno e le competenze – sia possibile sviluppare soluzioni per il raggiungimento dell’alta qualificazione fino ai vertici mondiali senza necessariamente dover far capo a strutture d’oltralpe o a tecnici molto preparati di altre nazioni come (purtroppo per l’evoluzione atletica del Ticino attualmente in forte difficoltà) sono stati costretti a fare i migliori atleti ticinesi di oggi, scegliendo altri lidi per crescere.”
Irene Pusterla: “Negli ultimi due anni ho potuto contare in accordo con Andrea anche sul supporto dell’allenatore italiano Giuseppe Balsamo, un’altra persona di estrema competenza e umanità che ha affiancato me e e il mio coach storico in un periodo non semplice. È un amico vero che Andrea conosceva da molti anni, una persona di cui potevamo fidarci, che ha portato nuovi spunti e con il quale abbiamo svolto un eccellente lavoro di squadra”.
Giuseppe Balsamo: “Sono molto grato ad Andrea e ad Irene per avermi dato l’opportunità di lavorare con loro nelle stagioni 2019 e 2020. Per me è stata una grande occasione di crescita professionale poter conoscere il loro sistema di allenamento e potermi occupare di un atleta del suo livello, intervenendo direttamente sul campo e nella progettazione della sua preparazione. Ancor di più è stata una esperienza umana molto ricca la relazione con loro, la condivisione dei successi e degli insuccessi, l’affronto delle difficoltà. Ho ammirato la determinazione, l’impegno e la professionalità di Irene ma più di tutto mi ha mostrato, in particolare nella sua ultima gara dei Campionati Nazionali Svizzeri di Basilea, che è possibile esprimere gioia saltando in pedana anche dopo tanti anni di attività. Lo sport richiede grande impegno e sacrificio, ma è scelto liberamente, vissuto con piacere e serenità ed è da ricordare come esperienza che costruisce stima di sé e motivazioni positive. Grazie Irene e grazie Andrea”.
Irene, quali sono i ricordi più belli che conservi della tua carriera?
“I ricordi davvero indelebili sono due: il podio alla Weltklasse di Zurigo nel 2010 e l’ottenimento del limite per i Giochi Olimpici. Il meeting di Diamond League, uno dei più prestigiosi del circuito mondiale, rappresentava un simbolo nella nostra famiglia poiché nel 1970, all’età di 16 anni mio padre aveva vinto la gara dei 100 metri proprio in quella stessa manifestazione. Riuscire a salire sul terzo gradino del podio esattamente 40 anni dopo è stata un’emozione imparagonabile. Allo stesso modo, l’ottenimento della conferma del limite olimpico, è stata la concretizzazione di un sogno che mi ha portato allo stadio di Londra nel 2012 ed è stato ancora più speciale poiché è giunto dopo un periodo di difficoltà dovuto a un infortunio. Questo senza nulla togliere alle emozioni dei record svizzeri di salto in lungo e di salto triplo, in particolare la misura di 6,76 metri del 2010 a Lugano che mi è valso il limite per i Campionati europei assoluti”.
Nella tua carriera hai dovuto affrontare anche momenti più difficili. Qual è stato il più complicato da superare?
“Purtroppo ricordo con amarezza il Campionato europeo 2014 di Zurigo. È una di quelle occasioni che si presenta una volta nella vita e io l’ho vista sfumare senza neppur poter partecipare alla finale, rimanendo la prima esclusa a causa di un terzo salto nullo di un’inezia, soli sette millimetri. Con Andrea ci eravamo preparati come non mai, e sapevo di stare benissimo. Le aspettative per quella gara erano altissime, ma è bastato davvero un niente per far crollare il castello e i nostri sogni di medaglia. È stato in assoluto il momento più difficile da superare considerando anche le diversi pressioni esterne, soprattutto da parte dei media, sopraggiunte dopo la gara e tese a smontare il nostro grande progetto, ma smentite qualche giorno più tardi al Weltklasse Zürich, dove ho saputo superare tutte le finaliste dell’Europeo tranne la vincitrice”.
Quanto sono stati importanti tuo marito Lucio e la tua famiglia in questi anni?
“Lucio è al mio fianco da ormai 13 anni e ricordo benissimo che la prima gara a cui ha assistito è stato un Campionato Ticinese di salto triplo in cui arrivai seconda. Per me non era stato assolutamente un buon risultato, ma lui non conoscendomi ancora a fondo, era venuto a complimentarsi con me: da lì in poi ha capito che avrebbe avuto a che fare con una ragazza che non si accontentava facilmente. Non ha mai smesso di sostenermi e ha dimostrato di avere anche una grande pazienza, nonché una grande intraprendenza, tanto da mantenere la promessa di arrivare fino a Londra in bicicletta quando avrei preso parte ai Giochi Olimpici. Allo stesso modo la mia famiglia è stata fondamentale in tutto il percorso: non hanno mai smesso di credere in me e mi hanno sostenuto in tutto il mio percorso formativo, accogliendo anche la decisione di suddividere il percorso universitario di psicologia in dieci anni rispetto ai cinque tradizionali”.
Durante la tua carriera, di frequente ti sei dovuta allenare senza mai poter contare su un gruppo d’allenamento. Quanto è risultato impegnativo per te?
“È stato sicuramente più semplice quando andava tutto bene, ma nei momenti di maggior difficoltà tutto diventava più complicato. Negli ultimi mesi mi recavo un paio di volte a settimana a Varese e vedere semplicemente altre persone in pista mi alleggeriva dal carico di lavoro. Ricordo con molto piacere i due anni in cui si è allenata con noi Giovanna Demo, saltatrice in alto, allenata per due anni da Andrea e che ha chiuso la sua carriera nel 2016. Potevamo svolgere molti allenamenti insieme e abbiamo potuto approfittare molto una dell’altra.”
Giovanna Demo: “Irene è stata la prima a credere che potevamo diventare una squadra. Ricordo che mi accennò a questa sua idea alla Coppa Europa di giugno 2014, quando ancora mi allenavo a Zurigo, e ci aveva visto bene. Per due anni abbiamo condiviso alti e bassi ma anche la semplice quotidianità della vita di atlete, sostenendoci a vicenda con una parola, un sorriso, una canzone e la consapevolezza di avere un sogno in comune”.
In pedana hai trovato molte rivali, ma hai costruito anche delle solide amicizie. Qual è stata la più significativa?
“In pedana ho avuto la fortuna di trovare un’amica come la pluricampionessa italiana Tania Vicenzino con la quale c’è stata fin da ragazze una forte empatia e con la quale ho condiviso i momenti più belli così come i più complicati, facendoci sempre forza insieme e riuscendo a risalire anche dai momenti più duri.”
Tania Vincenzino: “Ho sempre visto Irene come la compagna di pedana perfetta: seria, determinata, precisa, focalizzata sui suoi obiettivi, ma allo stesso tempo un’anima gentile e altruista, che ha sempre trovato il tempo per un confronto, un consiglio e la giusta frase per far vedere le cose con una nuova prospettiva. Mi è sempre stato difficile vederla come una vera e propria rivale, perché personalmente ho gioito molto di più quando riuscivamo entrambe a centrare i nostri obiettivi. Un esempio è la bellissima gara internazionale di SALTinpiazza di Mendrisio nel 2014: io avevo già superato il limite per i campionati Europei di Zurigo e tifavo per lei; quando nell’ultimo salto disponibile Irene ha ottenuto la misura 6.55m, equivalente allo standard di partecipazione, siamo corse una verso l’altra a scambiarci un lungo abbraccio di gioia! Ce l’avevamo fatta entrambe! Lo sport è competizione, ma a volte crea legami che vanno oltre la mera rivalità e questo ne è sicuramente un esempio! Qualsiasi cosa ci riservi il futuro, so di aver trovato un’amica!”
Chi è Irene Pusterla oggi?
“Oggi sono una psicologa assistente e mi dedico al 100% al mio lavoro e alla mia famiglia. Sono una sportiva realizzata, che ha concretizzato il sogno di partecipare ai Giochi Olimpici, ma che oggi apprezza le gite in mountain bike, le passeggiate con il cane Lucky e qualche sgarro alimentare in più. A fine giornata arrivo sicuramente stanca mentalmente, ma la stanchezza fisica non è certo quella che mi ha accompagnato negli ultimi ventisei anni.”
Infine, a chi vorresti rivolgere un ringraziamento?
“Un sentito ringraziamento va a mio marito Lucio, a tutta la mia famiglia, al mio allenatore storico Andrea Salvadè e a Giuseppe Balsamo, alla società VIGOR Ligornetto in cui sono cresciuta, alla banca Raiffeisen del Monte San Giorgio, al commissario tecnico di Swiss Athletics Peter Haas per aver sempre sostenuto il mio progetto, al comune di Ligornetto e alla città di Mendrisio, al direttore del Centro Sportivo di Tenero Bixio Caprara, a Patrick Magyar patron del meeting Weltklasse Zuerich, a Marco Jermini, Marco Pagani, Simone Artoni e tutto lo staff di fisio Summit e tutti gli altri fisioterapisto che mi hanno seguita in questo percorso, alla FIDAL che ci ha sempre appoggiati, alla FTAL, ai numerosi sponsor che mi hanno sostenuta e a tutti coloro che hanno tifato per me e durante tutta la mia carriera”.
GRAZIE IRENE!
Per la società VIGOR Ligornetto, Emma Lucchina